Critica


Questo è uno scritto ricevuto da una persona a me sconosciuta, ma che mi ha stupito e profondamente colpito per l’attenzione e la capacità di entrare e leggere nel mio lavoro artistico.
Ti ringrazio Matteo per la spontaneità e la sincerità che queste parole trasmettono. Grazie per avermi dato il permesso di pubblicarle, per me è un vero piacere.

 

Buonasera, mi chiamo Matteo e, navigando, mi sono imbattuto in alcune sue opere. Questo ha portato a interrompere le mie ricerche e a concentrarmi con attenzione sulle molte immagini presenti nel suo sito personale. Prima di riferire cosa mi ha colpito maggiormente, mi soffermerei su un discorso generale.
Colpisce molto, al di là dei soggetti, l’utilizzo dei colori, siano essi abbondanti e fitti, fin quasi a “nascondere” la figura, siano essi frutto di una scelta monocromatica (o comunque limitata a pochi colori) e magari spalmati in ampi blocchi. I risultati non lasciano pensare a fasi, a momenti, a periodi… Dal mio punto di vista, lasciano sempre pensare ad una diversa necessità di lavorazione su una determinata opera, a una cura particolare che rende ogni cosa unica. Oltre, naturalmente, a un non porsi ostacoli per quanto riguarda il proprio (il suo) immaginario visivo, che si trova così in una condizione di larga libertà dell’espressione artistica.
Più in dettaglio: i molti ritratti sono di notevole interesse. Sia quelli più “circoscritti” alla figura che quelli più liberi e non convenzionali. Come esempio, tra i primi, stupendo il suo Pavarotti, come anche il suo M.L. King; tra i secondi particolarissimi la sua Marylin e il suo Cassius Clay.
Quest’ultima citazione mi porta direttamente al centro della sua pittura, a quanto ho personalmente trovato di ulteriore rilevanza: l’ampio utilizzo del bianco, sia come spazio non dipinto (o forse preparato; non distinguo dallo schermo) sia quando anche spalmato come colore aggiunto allo sfondo delle opere. Un lavoro che trovo ottimamente studiato, e assolutamente impattante. È da considerare, a mio avviso, questo utilizzo dei bianchi che fa lei; una sorta di contraltare agli usi dei neri caravaggeschi / seicenteschi per particolari sottolineature della luce e di varie messe in rilievo. Ecco, qui mi sento di dire che, grazie a questo studio, è l’opera intera ad essere presa sotto una lente di ingrandimento; non ci sono distinzioni di zone o dettagli. Il lavoro finale è tutto irrorato dalla capacità di rapire l’osservazione nella sua interezza. Alla fine, il non colore per definizione diventa un perfetto collante per il tutto, là dove ogni pennellata e ogni colore trova un’adeguata ripartizione di spazi.
Ecco, questo discorso non esaurisce tutti gli ambiti della sua vasta opera (mi riservo qui un ridotto, poco adeguato, “belli i dipinti con gli animali”) ma spero possa apprezzare quanto detto su ciò che rappresenta per me il lato artistico con le note di sovrappiù che la caratterizzano. Ultima cosa: i titoli delle opere sono meravigliosi. Vanno a interagire con le opere prodotte, a integrare la poetica di ogni suo intento in una compiutissima rappresentazione .

Matteo Camerani